Bisogna ammettere che quando l’idea di una “app per il tracciamento contatti” ( non si chiamava ancora Immuni) iniziò a circolare un paio di mesi fa la prima reazione fu di sospetto e scarsa fiducia, soprattutto alla luce del fiasco del sito INPS dei primi di Aprile.
Le dichiarazioni iniziali lo confermarono in fretta: si trattava di un tentativo azzardato e pericoloso di creare una app decisamente troppo invasiva. Difficile capire quanto fu colpa dei media, abituati a ripetere e amplificare ogni sussurro, o quanto in effetti fossero quelle le intenzioni, ma si prospettava un sistema in grado di raccogliere troppe informazioni in merito agli utenti, poi accentrate e gestite dallo Stato. Addirittura, si parlava di GPS sempre attivo o obbligatorietà dell’app (con istantanee dichiarazioni, comprensibili, di ritorno al Nokia 3310).
Era però impossibile pensare che davvero quella sarebbe stata la soluzione informatica di uno stato moderno.
Infatti, immediate sono arrivate le critiche di esperti e analisti.
Sono passati due mesi, la realtà dei fatti è per fortuna decisamente diversa, e Immuni è ora come dovrebbe essere: una app sicura, che fa ciò che deve senza richiedere dati o disturbi eccessivi, al momento (sembra) parsimoniosa nell’uso della batteria e, si spera, efficace.
Cosa è cambiato? Tutto. Principalmente, due cose.
A sorpresa, Google e Apple si sono accordate: un evento improbabile prima della pandemia, una realtà due mesi dopo l’inizio del disastro.
La grande rivoluzione è infatti arrivata grazie alle modifiche apportate dai due produttori di Android e iOS ai propri sistemi operativi, nello specifico lo “sblocco” delle funzionalità bluetooth, prima utilizzate per collegare le cuffie, ora impiegate per tracciare i contatti.
Le prime versioni dell’app ipotizzate dagli stessi creatori (Bending Spoons, su incarico del governo) non potevano appoggiarsi a tali funzionalità, e sembrava fosse necessario tenere lo schermo acceso o non usare nessuna altra app mentre Immuni era in funzione.
Per fortuna si tratta di necessità ormai superate.
In seguito, proprio questa svolta ha portato ad abbandonare il modello accentrato e a dirigersi verso un progetto diverso; tutte le valutazioni sulle possibili esposizioni a persone infette vengono fatte sul dispositivo. Esiste un database centrale, ma non raccoglie dati personali, solo codici dai quali non è possibile risalire agli utenti.
Per i dettagli tecnici, invitiamo alla lettura dell’articolo al link a piè pagina, che spiega molto bene perchè Immuni è sicura e anonima, progettata con alcuni accorgimenti che in effetti sono molto validi, come il traffico fasullo che la app genera per ingannare eventuali malintenzionati in ascolto o la procedura “a due passi” di comunicazione
della positività, per evitare segnalazioni fasulle.
Ovviamente, la app non è obbligatoria, e non è neanche obbligatorio comunicare di essere a rischio se si venisse invitati a farlo, tantomeno le autorità potranno sapere che qualcuno è stato segnalato.
Ci si affida alla buona volonta delle persone, che si spera siano disposte a rinunciare a qualche percentuale di batteria per il bene comune.
Immuni è scaricabile gratuitamente da Apple Store e Google Play Store, dal 3 Giugno è partita una sperimentazione in 4 regioni (Puglia, Abruzzo, Marche e Liguria), dopodichè verrà attivata a livello nazionale.
La configurazione è molto semplice, bisogna attivare i servizi richiesti (Bluetooth nello specifico) e inserire alcuni dati (come la provincia di residenza) che saranno comunicati al SSN per analisi statistiche.
Rimane qualche problema, come la compatibilità con i dispositivi meno recenti o con telefoni Huawei, ma la strada intrapresa almeno è quella giusta.
Speriamo che le intenzioni e la cattiva pubblicità iniziali non abbiano già segnato il futuro dell’app.
Articolo:
https://www.ilpost.it/2020/06/04/immuni-applicazione-coronavirus/
Foto tratta da governo.it